domenica 9 dicembre 2007

Innovazione e sperimentazioni



Nel mio ultimo we a Milano ho discusso con le mie amiche in materia musicale.
Io sostenevo che nella musica italiana non c'è innovazione e slancio. Ci propinano le solite cose con una musica melensa e senza sperimentazione.
Per carità anche la musica internazionale è piena di immondizia, anzi direi per la maggior parte, però c'è anche tante nuova sperimentazione che per molti (comprese le mie amiche
) può sembrare frastuono, ma per me è decisamente "innovazione"... la banalità non mi piace.
L'orecchio deve abituarsi a suo
ni diversi, invece di stare a sentire quelle robaccia di RDS che ti appiattisce il cervello.
Un esempio di novità?
The Fiery Furnaces. I fratelli Friedberger da Chicago, sono "le fiere fornaci" della invenzione rock: un fuoco fantastico di avant-pop, sostentato dalle coniugazioni blues più bislacche, da nenie e filastrocche infantili.
Fiery Furnaces rompono gli schemi e schiacciano la noia e la monotonia che caratterizza questa fase della musica indie che è a corto di idee e prigioniera di schemi piuttosto logori e ripetitivi. Fanno tutto in due. Fratello e sorella. Matt ed Eleonor Friedberger. Nativi di Oak Park, ricca periferia di Chicago. Il primo che suona e compone, costruisce complesse e barocche architetture di suoni e ritmi. La seconda che canta, front woman e musa di altri tempi. C’è di tutto e di più in Widow City, loro ultimo lavoro. Cambi di marcia repentini e improvvisi, ritmiche complesse. Canzoni e cabaret. Code prog e riff di chitarra. Pop e rasoiate hardcore. Eccentricità a profusione. Band estremamente complessa, dalle molteplici influenze. Se un filo conduttore si può rinvenire in Widow City è nell’approccio e nelle citazioni tipicamente primi anni settanta, comunque precedenti al punk. Un immaginario di riferimento non proprio diffuso tra i gruppi e gli artisti della scena indipendente.


Tracklist:

1. The Philadelphia Grand Jury
2. Duplex of the dead

3. Automatic husband

4. Ex-guru

5. Clear signal from Cairo

6. My egyptian grammar

7. The old hag is sleeping

8. Japanese slippers

9. Navy nurse

10. Uncle Charlie

11. Right by conquest

12. Retroative beer

13. Wicker whatnots

14. Cabaret of the seven devils

15. Pricked in the heart

16. Widow city

venerdì 7 dicembre 2007

Un disco di solitudine

In questi giorni sono molto stanca e non riesco molto a concentrarmi su quello che faccio, così mi ascolto un po' di musica che mi risolleva sempre. Oggi ho scelto il nuovo album di PJ Harvey... E' un disco intenso e spiazzante, interamente scritto al pianoforte, dove è la voce l’unica vera protagonista. Una voce, come la musica, sempre acuta, confessante, che si innalza fino a grida di dolore. E' anche un disco attuale che rapprenseta lei con un abito antico e che sembra cantato da un fantasma. Fantasma che, album dopo album, continua a confermarci che c’è modo e modo per piangersi addosso. Decisamente più vicina a Kate Bush che a Patti Smith, sicuramente molto lontano da qualsiasi cosa PJ Harvey abbia mai prodotto. Per la prima volta si parla chiaro, PJ non racconta storie, non ci descrive paesaggi, non ci narra di angeli abbandonati a loro stessi. Polly Jean non è mai stata tanto nuda in nessuno dei suoi dischi.

Un disco di solitudine...come il mio stato!

Tracklist:

  1. The Devil
  2. Dear Darkness
  3. Grow Grow Grow
  4. When Under Ether
  5. White Chalk
  6. Broken Harp
  7. Silence
  8. To Talk To You
  9. Piano
  10. Before Departure
  11. Mountain


lunedì 3 dicembre 2007

In Rainbows




















Oggi leggendo la Repubblica ho visto che il leader dei Radiohead, Thom Yorke, ha parlato del successo della vendita in download del loro nuovo album al prezzo stabilito dall'acquirente. York dice "Non è vera la notizia secondo la quale il 70% non ha pagato. I dati li conosciamo solo noi, la prima settimana ci sono stati un milioneduecentomila download, ad una media di sei euro l'uno (circa il 50% ha pagato zero). Hanno detto che è stata una scelta radicale, ma date le circostanze era l'unica possibilità. Quando hai finito di registrare un disco, se vuoi farlo arrivare subito all'ascoltatore non hai altro mezzo che la rete", ha spiegato Yorke. "Il nostro scopo era quello di dimostrare che non c'è bisogno di tutte queste infrastrutture per far arrivare la musica alla gente. Il processo industriale serve solo a sottrarre guadagni agli artisti e a rendere il disco sempre più costoso. Un tempo l'industria lavorava per far conoscere i giovani artisti, oggi invece le major tendono a eliminare chi non ha un riscontro commerciale immediato".
Yorke ha parlato anche del rapporto con la loro vecchia etichetta: "Con la Emi non abbiamo mai avuto grossi problemi. Ci hanno sempre lasciato ampia libertà. Il nostro non è un gesto contro le persone con cui abbiamo lavorato, ma contro un sistema di acquisti e fusioni che ha portato alla creazione di queste maledette multinazionali. E nessuno si è preoccupato di venirci a raccontare quel che è successo, come se la cosa non riguardasse anche noi. Non siamo fottute scatole di biscotti!".
Il nuovo disco dei radiohead è bello e ritengo che la loro filosofia è ancora più bella.
Ormai l'industria musicale è diventata inaccettabile.



martedì 20 novembre 2007

Mal di testa

Sono a lavoro e non ho per niente voglia di lavorare e tra l'altro ho un gran mal di testa (se leggesse il mio blog il mio capo mi licenzierebbe in tronco).
Mi sono sparata le cuffie e via con dolci suoni musicali. Cosa ascolto? Hood ed in particolare "The Cycle of Days and Season" un album del 1999. Un gran album. Oggi poi mi sento un po' triste e anche molto sensibile e questo album mi regala delle emozioni grandi.
Mi manca la mia vita passata...

Lo consiglio a tutti

domenica 11 novembre 2007

Giovedì Liars all'INIT


I Liars sono un trio noise-rock formato a New York nel 2000 da Angus Andrew (voce e chitarra) e Aaron Hemphill (chitarra, percussioni). La musica contenuta nell'album di debutto “They Threw Us All in a Trench And Stuck a Monument on Top”, è essenzialmente punk-funk ispirato da gruppi storici come Gang of Four e Pop Group. Dopo un cambio di formazione la band registra e pubblica “They Were Wrong, so We Drowned”, concept-album sul rumore bianco e la stregoneria, dando una decisa svolta al proprio sound adesso influenzato dal noise e dalla new wave più free-form (gruppi come This Heat, Einstürzende Neubauten, Throbbing Gristle e The Birthday Party di Nick Cave). L'album successivo ha un sound ancora più ricco, basato sulle percussioni, vena improvvisativa alla Can e linee vocali influenzate da quelle di Thom Yorke dei Radiohead. Dal 2004 i componenti del gruppo risiedono a lavorano a Berlino. Il 2007 è l'anno di "Liars", vero successo di critica e pubblico, album che presenteranno per la prima volta all’init accompagnato dai nuovi compagni di etichetta Htrk.

Giovedì 15 novembre INIT
Via della Stazione Tuscolana, 133

giovedì 11 ottobre 2007

Amiina


Le Amiina sono un quartetto islandese, che suona spesso dal vivo e negli studi di registrazione insieme ai Sigur Rós. Le Amiina sono note per l'utilizzo particolare di molteplici strumenti durante i loro spettacoli live, anche se principalmente suonano strumenti ad arco, come negli album () e Takk... dei Sigur Rós, dei quali sono band di supporto e che hanno accompagnato nel tour del 2005. Il quartetto si esibisce sia prima che insieme ai Sigur Rós ed utilizza un computer Apple (altro motivo per cui mi piacciono) come base per le campionature.
Ho comprato il loro ultino album in Islanda e qui è uscito da poco... mi sono sentita orgogliosa di essere stata avanti.


In "Kurr", il nuovo album, i soliti archi vengono di volta in volta affiancate delicatezze acustiche a profusione, ritmiche gentili dettate quasi sempre dallo xilofono e persino accenni analogici, affidati a organetti dal recondito sapore folk.
Nel complesso, “Kurr” conferma intatte le qualità di esecuzione delle quattro ragazze; risente però, quasi inevitabilmente, dei termini di paragone e dei cliché di una musica che, per esprimere al meglio i propri connotati sognanti, esige uno slancio ulteriore e il coraggio di prendersi qualche rischio nel distaccarsi da modelli dal fascino facile ma ormai un po’ scontato.




  1. Sogg
  2. Rugla
  3. Glamúr
  4. Seoul
  5. Lúpina
  6. Hilli
  7. Sexfaldur
  8. Kolapot
  9. Saga
  10. Lóri
  11. Bláfeldur
  12. Boga

domenica 7 ottobre 2007

Polly ritorna tutta nuova

Dall'intervista che PJ Harvey ha rilasciato al Guardian dice "There's too much of everything in the world, but particularly too much of everything that's not all that good. The world doesn't need any more art that's just all right. It only needs mind-blowing, inspirational, life-changing stuff".
Chi no la ricorda la sua canzone I can hardly wait interpretata da Juliette Lewis in Strange days.


Il lavoro forse più lento di PJ è pronto. Si chiama 'White Chalk' I precedenti album di PJ Harvey sono stati costruiti sulla sua esuberante creatività nel suonare la chitarra.'White Chalk', invece, ruota quasi interamente intorno a parti composte al pianoforte. Lo stravolgimento nell'approccio alla composizione ha come conseguenza un ben più profondo cambiamento delle atmosfere musicali, molto più evocative, meno dirette e grezze che in episodi precedenti, come ad esempio nell'ultimo 'Uh Huh Her'. Anche i testi richiamano immaginari nuovi, dove il legame con la terra e le sue radici riporta l'attenzione ad un livello molto più personale. Temi come una relazione sentimentale, un figlio mai nato e la ricerca di una sicurezza interiore, sono cantati da una voce pura, decisamente inglese, su melodie semplici e intimistiche, a volte quasi austere, vittoriane, ma dove una tensione vibra decisa. Ancora una volta appare chiaro come PJ stia cantando a se stessa, e non per il pubblico.

Discografia:

  • 1992 - Dry
  • 1993 - Rid of Me
  • 1993 - 4-Track Demos
  • 1995 - To Bring You My Love
  • 1996 - Dance Hall at Louse Point (with John Parish)
  • 1998 - Is This Desire?
  • 2000 - Stories from the City, Stories from the Sea
  • 2004 - Uh Huh Her
  • 2006 - The Peel Sessions 1991-2004
  • 2007 - White Chalk